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Vangelo del giorno
Venerdì 24 Marzo 2023 
        In  quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi  di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercarono allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.»

(Gv 7,1-2.10.25-30)
Bibbia – CEI 2008
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Per citazione
(es. Mt 28,1-20):
Per parola:

Riportiamo, per condividerlo, l’articolo di Enzo Bianchi apparso su Repubblica il il 23 Maggio, articolo che mette il luce, in poche righe, gli elementi realmente in gioco nella crisi che il Cristianesimo e, in paricolare, la Chiesa italiana stanno vivendo.

Oggi si apre l’assemblea dei vescovi italiani chiamati innanzitutto non al rinnovamento delle cariche istituzionali, ma a leggere insieme l’oggi di Dio per la chiesa, scrutare insieme i segni dei tempi che devono indirizzare le scelte e delineare, per il futuro prossimo, i passi da osare. Non è un’ora facile, e si potrebbe anche dire con linguaggio profetico che questi sono “giorni cattivi” perché si è fatta sempre più evidente la crisi ecclesiale in molti suoi aspetti.

È ormai attestato che dopo la pandemia le piazze sono tornate a riempirsi, ma le chiese restano vuote, con una diminuzione di partecipanti alle assemblee liturgiche che inquieta e deve interrogare. Le motivazioni che di consueto vengono individuate per illustrare questa crisi iniziata negli anni ottanta – la secolarizzazione, il mutamento di vita nella società del benessere, il consumismo, il relativismo morale – non sono più sufficienti a spiegare l’accelerazione con la quale siamo stati introdotti in una società post-cristiana e in una cultura dalla quale il cristianesimo è stato espulso.

Avevamo annunciato tempi in cui le chiese cristiane avrebbero avuto lo statuto di minoranze, ma eravamo certi che sarebbero state minoranze significative, capaci di inoculare diastasi salutari nella società. Oggi non ne siamo più sicuri perché l’indifferenza verso il cristianesimo è talmente imperante che sembra aver sopito addirittura la domanda di senso, le domande ultime.

 

Difficile definire questo fenomeno: non è declino, non è decadenza morale, non è mancanza di pensiero autorevole, ma resta un venir meno silenzioso, visibile solo per chi frequenta le chiese e constata una fuga delle donne e soprattutto dei giovani dalla liturgia.

Abbiamo speso cinquant’anni per l’evangelizzazione, in un impegno che la chiesa italiana ha saputo onorare e vivere seriamente, eppure il risultato è una sterilità crescente. Conosco bene le chiese occidentali dell’Europa per poter dire che la chiesa italiana ha cercato con fatica nuove strade, ispirandosi in modo convinto al concilio Vaticano II più di altre chiese europee, e tuttavia ciò che le resta da riconoscere è che l’attuale crisi è una crisi innanzitutto della fede! Comprendo che l’affermazione spaventa, ma occorre avere il coraggio di questa denuncia: non manca la testimonianza (sempre inadeguata al Vangelo!), non manca la disponibilità a lavorare, perché la chiesa oggi è stanca, esaurita, fiaccata, ma manca la fede a partire dal popolo di Dio. La verità è questa: se non si crede che Gesù Cristo è vivente, è risorto da morte e ha vinto la morte, che ragione c’è a professarsi cristiani, che beneficio se ne trae?

Se non si crede che la morte è solo un esodo, che ci sarà un giudizio sull’operato umano e una vita oltre la morte, una vita senza più pianto né lutto, perché si dovrebbe diventare cristiani e perseverare in questa appartenenza?

 Non basta l’etica per essere cristiani: gli esseri umani sanno darsi un’etica.

 Non basta la spiritualità: gli esseri umani sanno crearsela.

 Ma se viene meno la fede, se non c’è più la memoria che trasmette la fede, come sarà possibile essere cristiani?

Oggi la “chiesa brucia”, il “gregge è smarrito” e soprattutto diviso più che mai, ma se non ci si interroga sulla fede l’agonia in Europa continuerà.

I vescovi italiani sapranno indicare che la vera urgenza è ridestare la fede “nuda e appesa alla croce”, senza rincorrere l’opinione dominante e senza ridurre la fede a messaggio etico?

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