Entusiasmante è stato il modo con cui Benigni ha introdotto il Cantico; l’ha definito “la più bella canzone d’amore”, “una meraviglia del cielo e dell’umanità”, “la vetta della poesia di tutti i tempi”, “il libro del desiderio, non del possesso”.
Vari artisti si sono ispirati a questo piccolo libro.
Accanto alla “rivisitazione” di Benigni ci piace mettere accanto un vecchio canto di P. Alberto dei piccoli fratelli di Spello.
Numerosi e di segno opposto i commenti apparsi sui vari organi di stampa e sul web sulla “rilettura” di Benigni. Ci piace riportare quello di Enzo Bianchi, apparso su repubblica.
Gli italiani non sono assidui lettori della Bibbia, la quale sta magari nelle loro librerie senza essere letta. Eppure basta che venga citata da chi sa renderla eloquente che richiama e risveglia molti ascoltatori, subito entusiasti.
È quello che ha fatto Benigni a Sanremo con il Cantico dei Cantici.
È un libretto enigmatico attribuito al sapiente re Salomone ma in realtà è un poema di cui non conosciamo l’autore, un insieme “di frammenti di un discorso amoroso”, un testo antico di almeno ventiquattro secoli.
I rabbini, alla fine del I secolo dopo Cristo, dopo vivaci discussioni lo collocarono tra le Sante Scritture giudicandolo un testo che contiene la Parola di Dio, nonostante sembrasse ad alcuni un poema di amore profano, più adatto alle taverne che alle sinagoghe.
Dunque, il Cantico è il testo nel quale Dio è presente più che altrove e per questo gli ebrei e i cristiani lo hanno sempre letto nelle liturgie e lo hanno commentato con interpretazioni tipologiche e allegoriche.
I protagonisti del Cantico, amante e amata, sono dunque Dio e il suo popolo, Cristo e la chiesa, Dio e l’anima del credente.
Dal secolo scorso l’interpretazione dominate nelle chiese cristiane legge il Cantico come inno all’amore umano, sensuale, erotico di due giovani amanti che su un piano di uguale dignità si riconcorrono per celebrare la bellezza dei loro corpi, la gloria dei loro sentimenti, il mistero del loro incontro sessuale.
Sì, è l’amore umano, l’unico amore di cui noi umani siamo capaci che è parlato, cantato, celebrato, vissuto e raccontato in questo straordinario libretto che nella conclusione giunge alla domanda: Le carezze, i baci, gli amplessi, il sesso, la forma dei corpi, il risuonare continuo del “tu” e dell’”io”, sono evocati nel Cantico al fine di passare dalla pulsione sessuale al desiderio erotico. Chi sa leggere il Cantico conosce l’autentica ars amandi come umanizzazione, come arte rara, vero antidoto alla pornografia.
[views]
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.