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Vangelo del giorno
Venerdì 10 Maggio 2024
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».

(Gv. 16,16-23)

Bibbia – CEI 2008
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Per citazione
(es. Mt 28,1-20):
Per parola:

Fede e Spiritualità

Don Tonino BelloCarissimi,Buon Natale
non obbedirei al mio dovere di vescovo, se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non posso, infatti, sopportare l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla “routine” di calendario. Mi lusinga, addirittura, l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali. E vi conceda la forza di inventarvi un’esistenza carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che lo sterco degli uomini, o il bidone della spazzatura, o l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunziano la pace portino guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che, poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano i popoli allo sterminio per fame.

I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.

Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative. Che il numero 167 non è la cifra di matricola data ai condannati dal sistema.

Che i ricorsi a tutti i T.A.R. della terra sono inammissibili quando a farne le spese sono i diritti sacrosanti di chi non conta mai niente. Che i poveri, i poveri veri, hanno sempre ragione, anche quando hanno torto.

I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge” e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino un desiderio profondo di vivere poveri: che è poi l’unico modo per morire da ricchi.

Buon Natale! Sul vostro vecchio mondo che muore nasca la speranza.

 

 

“Ora che il degrado morale e sociale della politica ha oltrepassato ampiamente il livello di guardia, noi riteniamo – per non mancare ad una responsabilità di guida del popolo di Dio – di dover tornare ad alzare la nostra voce, per denunciare che lo stile e le modalità di approccio dell’attuale assetto politico, manifestano incontestabile carenza di seria fondazione morale”.

E’ un passo del documento dei vescovi siciliani, in vista delle prossime elezioni regionali, sul tema “Amate la giustizia, voi che governate sulla terra”, presentato oggi dal cardinale di Parlamento e presidente della Conferenza episcopale siciliana, Paolo Romeo.Superare l’individualismo è la prima sfida da vincere.

E’ l’ora di una solidarietà lungimirante, di una concentrazione assoluta e senza distrazioni su alcune priorità: il lavoro per tutti, la lotta penetrante e inesorabile alla corruzione e al malaffare, la riforma dei meccanismi e degli strumenti della partecipazione democratica.

Occorre ripartire dalla stima per l’originaria vocazioni al bene, che ciascuno uomo, nella sua unicità irripetibile, rappresenta.“In nome di questa centralità intendiamo fare appello a tutte le coscienze, affinché la partecipazione al voto sia ampia, piena, consapevole, libera da occulti e fuorvianti condizionamenti soprattutto di natura criminale, affrancata da logiche clientelari o di mera tutela di rendita parassitaria o privilegi prevaricanti”.

Bene comune e lo spirito di servizio, le istanze etico-sociali non occupano la priorità di attenzione che loro compete nella gestione della cosa pubblica. E’ in atto uno scontro tra scelte politiche e contrastanti : deprimente logica di spartizione del potere, scontro tra forze più o meno occulte, strumentalizzazione delle persone, pressione mediatica e condizionamento dell’opinione pubblica.Questo degrado etico-sociale non può non inquietarci come pastori,in quanto uomini di Chiesa non abbiamo né particolari
 parametri di valutazione o ricette politiche da indicare, né piani strategici da proporre: non è questo il nostro compito.Ma il dovere di orientare, di richiamare e di denunciare siamo convinti di averli!”.

 

 
[Fonte ER – IL portale dell’Emilia Romagna]
 

E’ stato presentato in Regione il primo film mai realizzato su Giuseppe Dossetti (1913 – 1996), sacerdote e protagonista importante della storia italiana del ’900 .

Il documentario del titolo “Quanto resta della notte?” richiama una citazione del profeta Isaia che Dossetti utilizzò in un celebre discorso del 1994 per introdurre una riflessione religiosa e politica sull’Italia di quel periodo.

“Il documentario è stato prodotto dalla Lab Film ed è diretto da Lorenzo K. Stanzani. E’ stato presentato in anteprima nazionale a Bologna, in Piazza Maggiore, venerdì 27 luglio 2012 alle 21.30, nell’ambito dell’iniziativa “Sotto le stelle del cinema” a cura della Cineteca di Bologna.

Quanto resta della notte?” sarà trasmesso il prossimo autunno nella trasmissione Rai “La storia siamo noi”. ( Click sull’icona accanto per aprire il trailer del film ) www.ilconfronto.com
[ fonte l’Unità 29 Luglio 2012 ]
Dossetti è una grande figura di italiano, ma il suo radicamento in Bologna, città e chiesa locale, ha prodotto una attenzione che è all’origine anche di libri e realtà come il film di Stanzani, prodotti ora anche da giovani che di fatto non hanno conosciuto Dossetti di persona, ma ne hanno incontrato il ricordo e lavorano per metterne a fuoco opera e figura, un po’ reagendo alle ambigue censure che, in settori della cultura politica e dell’opinione ecclesiale, preferiscono marginalizzarlo, avvertendo che attenzione e fedeltà a questo italiano, l’unico che è stato importante in due «eventi» come l’Assemblea costituente (1946-47) e il Concilio Vaticano II (1959-1965), e dopo anni vissuti in Terra Santa su una frontiera di confronti cruciali, ha giocato di nuovo un ruolo nazionale e pubblico nel fronteggiamento democratico ed etico che ha resistito nella stagione confusa, politica e culturale, del berlusconismo ora finalmene in definitivo declino.

Che si siano prodotti un film, serio e sobrio, come «Quanto resta della Notte?», e un libro breve ma preciso come quello scritto su Dossetti dal giovane sacerdote bolognese don Fabrizio Mandreoli, ora pubblicato dal Margine, piccolo ma coraggioso editore legato in qualche modo alla esperienza della «Rosa bianca» (largamente intervistato da Stanzani nel suo film), permettono di guardare alla vicenda di Dossetti come ad una pagina storica che chiede di servire nella nostra attualità non facile e sicuramente non così banale e volgare come può anche sembrarci, ma solo se guardiamo troppo in piccolo e in superficie.

La «globalizzazione», che Dossetti ha percepito in anticipo, obbliga ormai tutti a riconoscere la piena unità del genere umano (e la forte influenza che ognuno esercita su ognuno); questo dato, terribilmente responsabilizzante, non opera solo nello spazio, ma coinvolge e lega i tempi storici, per cui poi tanti fattori interagiscono (sociali, giuridici, economici, tecnici, militari, non meno che i culturali), e con grande coerenza in Dossetti, si esprime un primato pratico della coscienza e della interiorità per intera la specie umana, schiacciata dai suoi ritardi più devastanti degli avanzamenti pur acquisiti…

La costellazione dei valori che Dossetti ha saputo vedere necessari nelle tragedie delle guerre mondiali e nelle «unità» che esse hanno fatto intravvedere, per cui le maggiori e più penetranti istituzioni (Stati e Chiese), e il miglior metodo politico da consolidare, cioè democrazia e parità tendenziale di risorse e di formazioni personali, non possiamo trascurarle, senza pericoli gravi, ma certo anche con colpe gravi un po’ di tutti e alla lunga pagate da tutti: ma con quali enormi sperequazioni, seminatrici di odi e di impotenze.

L’attualità della proposta dossettiana si affaccia nella energia morale e nella testimonianza di vita di questo italiano singolare, che è giusto e opportuno non dimenticare.

Metterebbe conto di conoscerlo di più, interrogandosi con serietà sui fattori reali della sua formazione; non necessariamente per cercare di imitarla, ma per non trascurare o lasciar perdere troppo l’occasione di un confronto stimolante e certo significativo, lungo l’intero secolo che fu grande e terribile e che Dossetti ebbe il merito e la serietà di considerare come tale.

 

Anche sulle labbra dell’ateo affiorano preghiere che gridano , nella profondità, una parola proclamata nel silenzio, il desiderio – rivestito di illusione – di una presenza – comunque, universalmente, impressa nell’intimo dell’uomo. Nella poesia di Giorgio Caproni un forte –  inconsapevole ? – richiamo a Giobbe in un provocatorio scambio interlocutorio  –  alla pari – con Dio “ dimentico”  delle sofferenze dell’uomo
   E’ meraviglioso lo sforzo del “ credente “ che si “ lascia forare le orecchie” nell’ascolto della profondità  appena percepibile dell’invocazione  di chi si considera “ ateo alla ricerca “ 

Dio di bontà infinita.
Noi preghiamo, per te.
Preghiamo perché ti sia lunga e serena la vita.
Ma anche tu, se puoi,
prega, qualche volta, per noi.
E rimettici i nostri debiti
come noi rimettiamo i tuoi.

 

Un’altra poesia che ci piace inserire in questo post è quella di Raissa, moglie del grande filosofo Jacques Maritain, ebrea, con intatto l’ amore per le sue radici  anche dopo la conversione al cattolicesimo.

Se noi gridiamo Abba ! Pater!
tu non ascolti il nostro grido.
Esso ritorna a noi come una freccia
che ha colpito il bersaglio impenetrabile.
Tu ci respingi nella notte,
E’ come se avessimo perduto il Padre nostro che è nei cieli.
Un baratro si è aperto tra la Misericordia e la Miseria e tu non vuoi superarlo.

 

Non abbiamo perduto il Padre perché è venuto col suo Figlio a percorrere con noi la Miseria, a sperimentare e provare “ sulla sua pelle”  l’umano terribile sentimento dell’ abbandono più totale per condividere fino in fondo la sofferenza dell’uomo e presentarla al Padre infinitamente innamorato di tutta l’umanità, sua creatura e  presenza misteriosamente collaborante quando veniva creata.

 

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