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Vangelo del giorno
Domenica 17  Marzo 2024
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.


(Gv 12,20-33)
Bibbia – CEI 2008
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Per citazione
(es. Mt 28,1-20):
Per parola:

Tirisan

Fra pochi giorni  ricorrono 10 anni dalla scomparsa di Carlo Maria Martini. Con questo video, molto personale, un ricordo da condividere con chi lo ha mato e ha fatto tesoro dei suoi richiami ad essere quanto più conformi a Cristo.

 

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 Un ricordo, il mio, sicuramente molto stretto e angolato rispetto al suo guardare a 360 gradi. Lui è stato ed è profeta del nostro tempo con un rispetto profondo verso Dio, un amore infinito per la PAROLA, inculcando la Lectio divina. E’ stato promotore del dialogo inter-religioso, amante degli ultimi, dei dimenticati, dei lontani.

  Non ha mai smesso, nella chiarezza che lo ha contraddistinto, di “ricordare al Signore” di  attirare a Lui questa nostra  Chiesa, smarrita e appesantita da “ ornamenti inutili”   per  condurla  nel deserto e parlare al  suo cuore.

 

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Riportiamo, per condividerlo, l’articolo di Enzo Bianchi apparso su Repubblica il il 23 Maggio, articolo che mette il luce, in poche righe, gli elementi realmente in gioco nella crisi che il Cristianesimo e, in paricolare, la Chiesa italiana stanno vivendo.

Oggi si apre l’assemblea dei vescovi italiani chiamati innanzitutto non al rinnovamento delle cariche istituzionali, ma a leggere insieme l’oggi di Dio per la chiesa, scrutare insieme i segni dei tempi che devono indirizzare le scelte e delineare, per il futuro prossimo, i passi da osare. Non è un’ora facile, e si potrebbe anche dire con linguaggio profetico che questi sono “giorni cattivi” perché si è fatta sempre più evidente la crisi ecclesiale in molti suoi aspetti.

È ormai attestato che dopo la pandemia le piazze sono tornate a riempirsi, ma le chiese restano vuote, con una diminuzione di partecipanti alle assemblee liturgiche che inquieta e deve interrogare. Le motivazioni che di consueto vengono individuate per illustrare questa crisi iniziata negli anni ottanta – la secolarizzazione, il mutamento di vita nella società del benessere, il consumismo, il relativismo morale – non sono più sufficienti a spiegare l’accelerazione con la quale siamo stati introdotti in una società post-cristiana e in una cultura dalla quale il cristianesimo è stato espulso.

Avevamo annunciato tempi in cui le chiese cristiane avrebbero avuto lo statuto di minoranze, ma eravamo certi che sarebbero state minoranze significative, capaci di inoculare diastasi salutari nella società. Oggi non ne siamo più sicuri perché l’indifferenza verso il cristianesimo è talmente imperante che sembra aver sopito addirittura la domanda di senso, le domande ultime.

 

Difficile definire questo fenomeno: non è declino, non è decadenza morale, non è mancanza di pensiero autorevole, ma resta un venir meno silenzioso, visibile solo per chi frequenta le chiese e constata una fuga delle donne e soprattutto dei giovani dalla liturgia.

Abbiamo speso cinquant’anni per l’evangelizzazione, in un impegno che la chiesa italiana ha saputo onorare e vivere seriamente, eppure il risultato è una sterilità crescente. Conosco bene le chiese occidentali dell’Europa per poter dire che la chiesa italiana ha cercato con fatica nuove strade, ispirandosi in modo convinto al concilio Vaticano II più di altre chiese europee, e tuttavia ciò che le resta da riconoscere è che l’attuale crisi è una crisi innanzitutto della fede! Comprendo che l’affermazione spaventa, ma occorre avere il coraggio di questa denuncia: non manca la testimonianza (sempre inadeguata al Vangelo!), non manca la disponibilità a lavorare, perché la chiesa oggi è stanca, esaurita, fiaccata, ma manca la fede a partire dal popolo di Dio. La verità è questa: se non si crede che Gesù Cristo è vivente, è risorto da morte e ha vinto la morte, che ragione c’è a professarsi cristiani, che beneficio se ne trae?

Se non si crede che la morte è solo un esodo, che ci sarà un giudizio sull’operato umano e una vita oltre la morte, una vita senza più pianto né lutto, perché si dovrebbe diventare cristiani e perseverare in questa appartenenza?

 Non basta l’etica per essere cristiani: gli esseri umani sanno darsi un’etica.

 Non basta la spiritualità: gli esseri umani sanno crearsela.

 Ma se viene meno la fede, se non c’è più la memoria che trasmette la fede, come sarà possibile essere cristiani?

Oggi la “chiesa brucia”, il “gregge è smarrito” e soprattutto diviso più che mai, ma se non ci si interroga sulla fede l’agonia in Europa continuerà.

I vescovi italiani sapranno indicare che la vera urgenza è ridestare la fede “nuda e appesa alla croce”, senza rincorrere l’opinione dominante e senza ridurre la fede a messaggio etico?

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Pubblichiamo integralmente una riflessione – apparsa su Vino Nuovo –  di Sergio Ventura – [ romano del ’73, giurista pentito, datosi all’insegnamento per la libertà di ricerca che esso garantisce, si è appassionato alla religione perché – disseminata ovunque – permette di curiosare in tutto, a partire dalla musica.] sui punti ancora non chiari alla vigilia dell’apertura del processo sinodale della Chiesa universale. Continua a leggere

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